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Decreto dignità: le novità in arrivo per i datori di lavoro
Postato il 10/07/2018

CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO – ART. 1

L’art. 1 del Decreto Dignità introduce rilevanti modifiche alla disciplina del contratto di

lavoro a tempo determinato. Tali disposizioni si applicano:

• ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in

vigore del decreto in esame nonché

• ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti in corso alla data di entrata in vigore del

decreto.

Apposizione del termine e durata massima

Il Decreto Dignità stabilisce, innanzitutto, che al contratto di lavoro subordinato può

essere apposto un termine di durata:

non superiore a 12 mesi (anziché gli attuali 36 mesi). In tal caso il contratto sarà

“acausale”;

non superiore a 24 mesi solo in presenza di almeno una delle seguenti causali:

esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività per esigenze

sostitutive di altri lavoratori;

esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili

dell’attività ordinaria.

Viene inoltre stabilito che, fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi ed

escluse le attività stagionali,

• la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore

di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, non

possa superare i 24 mesi (anziché gli attuali 36 mesi);

• qualora il suddetto limite di 24 mesi venga superato, per effetto di un unico

contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a

tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

Ad eccezione dei contratti di durata non superiore a 12 giorni, l’apposizione

del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del

quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro 5 giorni

lavorativi dall’inizio della prestazione.

L’atto scritto deve contenere, in caso di rinnovo, l’indicazione delle predette

esigenze (temporanee ed oggettive, ovvero connesse ad incrementi

temporanei) in base alle quali è stipulato.

In caso di proroga dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo se il

termine complessivo eccede i 12 mesi.

Proroghe e rinnovi

Il contratto può essere rinnovato solo in presenza di:

esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività per esigenze

sostitutive di altri lavoratori;

esigenze connesse da incrementi temporanei, significativi e non programmabili

dell’attività ordinaria.

Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente,

solo in presenza delle suddette esigenze.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso

del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi

(anziché gli attuali 36 mesi), e, comunque, per un massimo di 4 volte (anziché le

attuali 5) nell’arco di 24 mesi (anziché gli attuali 36 mesi) a prescindere dal numero

dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma

in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta (anziché

sesta) proroga.

Decadenza e tutele

Viene infine stabilito che l’impugnazione del contratto a tempo determinato debba

avvenire entro 180 (anziché 120) giorni dalla cessazione del singolo contratto.

 

SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO – ART. 2

Per quanto concerne la somministrazione di lavoro, il Decreto Dignità stabilisce che:

• in caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra

somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina del lavoro a tempo

determinato (di cui al capo III del D.Lgs n. 81/2015 e come sopra modificata),

• con esclusione delle disposizioni relative al numero complessivo di contratti a

tempo determinato ed ai diritti di precedenza (rispettivamente artt. 23 e 24, D.Lgs

n. 81/2015).

 

INDENNITÀ DI LICENZIAMENTO E INCREMENTO CONTRIBUZIONE CONTRATTO A TERMINE – ART. 3

Indennità di licenziamento

In relazione a quanto previsto in ambito all’indennità di licenziamento, il Decreto

Dignità modifica il disposto normativo di cui all’art. 3, comma 1, del D.Lgs n. 23/2015,

incrementando le somme che l’azienda sarà obbligata a riconoscere al lavoratore in

caso di procedimento espulsivo non assistito dai necessari estremi.

Nel particolare, in tutti i casi in cui non sia accertata giudizialmente la totale

insussistenza del fatto materiale posto a base del licenziamento, ma lo stesso risulti

ugualmente non assistito dagli estremi necessari, il giudice dichiarerà estinto il

rapporto di lavoro e condannerà il datore di lavoro al pagamento di un importo:

non inferiore a sei (anziché le attuali 4) e non superiore a trentasei (anziché

le attuali 24) mensilità.”

Incremento contribuzione contratto a termine

Il Decreto in esame provvede ad aumentare gli importi dovuti a titolo di contributo

addizionale per le prestazioni di lavoro a termine.

In relazione all’importo previsto dalla disciplina di cui all’art. 2, comma 28, della Legge

n. 92/2012, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, lo stesso

risulta incrementato di:

0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo

determinato, anche in somministrazione.”

Preme evidenziare che, per espressa previsione normativa, le modifiche sopra

descritte non si applicano:

“(…) ai contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione per i quali continua

ad applicarsi la disciplina anteriore all’entrata in vigore del presente decreto.”         

 

LIMITI ALLA DELOCALIZZAZIONE E TUTELA DELL’OCCUPAZIONE DELLE IMPRESE BENEFICIARIE DI AIUTI DI STATO – ART. 4 E 5

Gli articoli 4 e 5 del Decreto Dignità contengono alcune disposizioni volte a

salvaguardare i livelli occupazionali ed a contrastare la delocalizzazione delle

imprese, italiane ed estere, che beneficiano di aiuti di Stato.

Delocalizzazione

L’art. 4 del Decreto Dignità stabilisce che le imprese italiane ed estere operanti in

Italia che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di

investimenti produttivi,

• decadono dal beneficio qualora

• l’attività economica interessata dallo stesso, un’attività analoga o una loro parte

venga delocalizzata in uno Stato extra UE entro 5 anni dal termine dell’iniziativa

agevolata.

In tal caso, trova applicazione anche una sanzione amministrativa pecuniaria che

misura da due a quattro volte l’importo dell’aiuto fruito.

In aggiunta a quanto sopra, il decreto dispone che le imprese italiane ed estere

operanti in Italia che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede

l’effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati,

• decadono dal beneficio qualora

• l’attività economica interessata dallo stesso ovvero un’attività analoga o una loro

parte venga delocalizzata dal sito incentivato in favore di unità produttive situate

al di fuori dell’ambito territoriale del predetto sito, in ambito sia nazionale sia

europeo, entro 5 anni dalla data di conclusione dell’iniziativa o del completamento

dell’investimento agevolato.

Per “delocalizzazione” si intende il trasferimento di un’attività economica o di

una sua parte dal sito produttivo incentivato ad un altro sito da parte della

medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di un’altra impresa

controllata/collegata.

Livelli occupazionali

L’art. 5 del Decreto Dignità interviene in merito alle imprese italiane ed estere che

godranno, successivamente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, di

misure di aiuto di Stato che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale.

Le suddette imprese, qualora,

• al di fuori dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo,

riducano i livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività

interessata dal beneficio nei 5 anni successivi alla data di completamento

dell’investimento

decadono dal beneficio in presenza di una riduzione superiore al 10%.

La decadenza dal beneficio è disposta in misura proporzionale alla riduzione

del livello occupazionale ed è comunque totale in caso di riduzione superiore

al 50%.


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