Gli studenti del laboratorio di urbanistica del corso di laurea magistrale in architettura, dell’università di Bologna, sede di Cesena, provenienti da diversi luoghi di residenza, nell’ambito della fase di incontro con le città, si sono presentati ad un’occasione di confronto con le varie forme di rappresentanza della città di Forlì.
Con l’organizzazione ed il coordinamento dei docenti del laboratorio di Urbanistica, Prof. Valentina Orioli, Prof. Enrico Brighi, Prof. Stefania Proli, Arch. Elisa Bottan e Arch. Filippo Santolini, si è sviluppato un pomeriggio di confronti sulle strategie di rigenerazione urbana per la città di Forlì.
L’aspetto originale ed interessante dell’iniziativa organizzata dall’Alma Mater in collaborazione con il Comune di Forlì, era rappresentato non tanto dalla produzione di diversi lavori con i quali brillanti studenti, offrivano idee per la rigenerazione urbana, quanto invece dall’occasione di ascoltare sul tema, le opinioni di giovani intelligenti ed impegnati.
In effetti nella fase di presentazione degli elaborati, sono emerse diverse delle loro chiavi di lettura delle problematiche del centro storico forlivese. Un centro storico, per altro, non certo diverso, nelle sue peculiarità, dalla maggior parte di ciò che caratterizza i Comuni italiani di pari dimensioni e quindi dai centri storici dei loro luoghi di provenienza.
Non poche sono state le sorprese. Obbiettivamente alcuni dei ragionamenti emersi dai giovani, mancavano di un solido ancoraggio alla realtà, poiché nel loro vissuto non si sono ancora misurati con il pesante condizionamento che deriva dalla volontà delle diverse proprietà private e dal potere di condizionamento delle norme e delle strategie politico amministrative.
La vera fresca vena che è circolata era rappresentata dai fattori e dai valori che paiono condizionarli nel giudicare un centro storico accogliente piuttosto che no.
La mobilità non è per loro una fattore dirimente, cioè non frequenterebbero un posto essenzialmente perché lo si può raggiungere con i propri mezzi.
Lo stesso, dice la nostra esperienza, non potremmo attribuirlo come parere dei loro genitori.
Non hanno la percezione di luoghi insicuri, pertanto gli interventi proposti, che siano di illuminazione o di arredo, non trovano nelle esigenze di sicurezza le loro motivazioni principali, quanto invece nell’esigenza di creare luoghi di confort nei quali stare assieme, senza interferenze di mezzi e di funzioni.
Sono, come è normale vista l’età, non ancora del tutto consapevoli che quando si affrontano le tematiche di un centro storico, ci si misura con la testimonianza di una storia e di valori, che non possono essere drasticamente modificati senza aver chiaro come tutti noi, ancorché giovani e meno giovani, siamo custodi pro tempore di questi territori.
C’è in loro una leggerezza nell’analisi e nelle proposte, che genera indubbiamente energia positiva, poiché non parte affatto dal principio che il centro storico è vecchio, infrequentabile e disconosciuto.
Ciò che alimenta una forte preoccupazione, è la consuetudine a non frequentarlo e in non avvertire il bisogno di viverlo, ne tanto meno il disagio di non animarlo.
Sono cioè spettatori intelligenti delle sorti del centro storico, ma non si sentono attori protagonisti.
Evidentemente tutto ciò deve indurre a più di qualche riflessione, poiché questi saranno i cittadini dei prossimi cinquant’anni, coloro che traguarderanno una fase ed un ruolo molto più penetrante di coloro che oggi, più o meno distrattamente li ascoltano.
Questi giovani, sono quelli che assegnano un ruolo fondamentale per qualificare i centri storici, alla presenza fitta di negozi e però sono espliciti nell’affermare di orientarsi sempre più verso gli acquisti on line, non preoccupandosi di verificare la possibilità di acquisto nei locali cittadini.
In sostanza paiono vedere i negozi come quadri appesi ai corsi, quasi come a riempire una parete altrimenti tristemente vuota, ma non come vetrine da osservare per entrare poi in contatto con il commerciante, esperta ed amicale presenza della loro comunità.
C’è in effetti un distacco, non irrispettoso, ma profondo, tra loro ed un centro storico che non avvertono come identitario.
Un problema socio culturale non da poco e che incide in modo significativo sulle prospettive di diverse tipologie di vendita, che non siano pubblici esercizi e quindi a ragione veduta deve far ragionare diversi nostri imprenditori.
Resta sullo sfondo, dopo un’occasione di confronto come questa, il piacere di essersi confrontati con intelligenze vive e fresche, non affievolito dall’emergere di alcuni ragionamenti ancora un poco acerbi.
In fondo è solo il bellissimo segnale, per loro, di avere davanti il tempo per percorrere un lungo cammino.